L., italiana, 35 anni, reclusa da quattro anni con una pena (non definitiva) di trent’anni.
Sta lavorando per Made in Carcere da 2 anni ed è bravissima alla macchina lineare. La sua borsa preferita è la Borsa Doppia Faccia.
“Lavorare mi dà una certa continuità con il ritmo che avevo prima, quando ero libera. Mi sveglio la mattina con un obiettivo, invece altre detenute si alzano senza niente da fare o magari non si alzano neanche rimangono a letto tutto il giorno.
Il nostro lavoro è prezioso, chi non ha questo privilegio lo vorrebbe e spesso ci invidia.
Oltre al vantaggio di stare in laboratorio e non in cella, a fine mese prendiamo lo stipendio e non pesiamo sulle nostre famiglie che altrimenti dovrebbero mantenerci.
Non è sempre facile, bisogna imparare a sintonizzarsi con le altre ragazze per potere terminare bene quello che ci siamo prefisse di consegnare.
E qui dentro i problemi sono tanti, non c’è solo il lavoro. Eppure avanziamo, le borse che cuciamo piacciono e si vendono.
È una bella soddisfazione pensare che qualcuno da fuori utilizza una cosa che ho fatto io da reclusa, una cosa utile che viene apprezzata.
Forse chi non ha provato la vita di detenzione non può capire che gioia sia per noi. È come essere anche un po’ fuori. Lavorare ci da la possibilità di riscattarci, è una vera rieducazione. Chiuse in cella, invece, le persone si induriscono ancora di più e quando escono non riescono a reintegrarsi.
Anzi sono molto peggio di quando sono entrate. Per la società non mi sembra un gran vantaggio. Se una persona ha sbagliato, credo che non dovrebbe essere annientata ma rieducata.
Luciana e il suo laboratorio stanno proprio facendo questo. Ma si tratta di una goccia nel mare, sarebbe bello se ci fossero più opportunità per tutte le detenute. Chissà che le cose non cambino prima o poi…”
Intervista realizzata da Enzo Del Verme