7 Dicembre, 2018
Marica ha 53 anni.
È venezuelana mamma di tre figli. Qualche anno fa decide di costituirsi volontariamente: “Sapevo di doverlo fare e ho preso questa decisione consapevole di quello che mi sarebbe successo”.
Il momento dell’arresto e dell’entrata in carcere è uno degli eventi più stressanti che si possano immaginare. Le manette, le foto, le segnaletiche le impronte digitali la registrazione della matricola, il doversi spogliare nudi, la perquisizione …
E poi ancora l’impatto con i rumori del carcere e il suo incessante sbattere di cancelli, le sbarre che si aprono e poi si chiudono con grossi mazzi di chiavi che sai ti faranno compagnia per tutto il resto della tua vita. Poi l’arrivo in cella, il letto, due coperte, te stesso insieme al tuo dramma e uno specchio che te lo ricorda ogni volta.
Per Marica, tutto ha avuto inizio a causa di un lutto.
Ho perso mia nipote in un incidente stradale, era giovanissima, aveva 18 anni e tutta la vita davanti. Era una ragazza sorridente, viva, preziosa, amava la vita, il sole e i sorrisi. Quando ho saputo della sua morte improvvisa ho perso la testa! Da lì è iniziato il mio calvario, ho iniziato a spacciare per compensare quel dolore e per aiutare la mia famiglia ad andare avanti. Avevamo bisogno di aiuto e di trovare subito una via d’uscita, cosi ho scelto di aiutarli in quel modo. Sono rimasta in carcere per cinque anni, i più lunghi della mia vita.
Dopo qualche mese dalla reclusione è arrivato il progetto Made in Carcere e ho conosciuto Luciana. Una nuova opportunità, una luce nel buio. Potevo lavorare, potevo anche io riprendere in mano la mia vita e imparare un nuovo mestiere sentendomi utile. Questo progetto mi ha ridato la forza di guardare avanti con la speranza che un giorno avrei potuto riabbracciare i miei figli e la mia famiglia lontana.
A pochi mesi dall’uscita mi sono ammalata di cancro: quanto dolore, quanti sensi di colpa, quante battaglie con me stessa, quante cose non mi sono perdonata, quante volte mi sono guardata dentro e mi sono odiata… Avrei potuto agire diversamente! Avrei potuto fare altro! -mi dicevo- Certo… se conoscessimo il futuro faremmo sempre la cosa più giusta… forse.
Oggi sono una donna libera. Ho scontato la mia pena e continuo a lavorare per Made in Carcere. Sono completamente guarita dal cancro e ho tanta voglia di sostenere questo progetto che mi ha regalato una seconda possibilità. Ho imparato che fare del bene è contagioso e tutto ciò che ho ricevuto vorrei metterlo a disposizione degli altri, voglio incoraggiare le donne che come me hanno vissuto o stanno vivendo il carcere. Ricominciare si può!
